giovedì 20 settembre 2012

Paul Beaver and Berny Krause



BEAVER & KRAUSE
MONOGRAFIA


Paul Beaver e Bernard L. Krause sono due musicistici e compositori che si conobbero nel 1967 durante un seminario di musica elettronica a Los Angeles in California.
Poco dopo iniziarono a portare dal vivo un nuovo tipo di musica pop; presso diversi club californiani, dove si ascoltava prettamente rock psichedelico, i due miscelavano dal vivo brani classici del repertorio rock/blues americano con il suono elettronico prodotto da archetipi apparati elettronici. Qualche cosa di analogo stava avvenendo a New York, Joseph Byrd stava lavorando in quella stessa direzione e la cosa lo avrebbe portato ben presto al progetto “United States Of America”.


Grazie alla personale amicizia con Robert Moog, che stava giusto all’epoca sponsorizzando il suo primo synth modulare da studio, Paul e Bernard ottennero l’incarico dall’importante casa discografica Nonesuch Records di Broadway (NY) per la realizzazione di un doppio LP per uso didattico. The Nonesuch Guide To Electronic Music doveva essere un prezioso supporto sonoro e cartaceo, grazie al ricco book interno, per tutti coloro volessero avvicinarsi al mezzo elettronico, più propriamente al sintetizzatore, fosse questo un Moog, ma non solo.
Per l’occasione i due crearono anche un brano musicale interamente eseguito al sintetizzatore dotato di tastiera, “Peace Three” (fu il primo pezzo da spartito eseguito interamente al Moog Serie III, poco dopo seguirono le ben più impressionanti suite classicheggianti di Walter Carlos); per il resto il cofanetto in questione, pubblicato appunto dalla Nonesuch nel 1968, contiene esempi sonori e relative spiegazioni su carta, delle possibilità offerte del nuovo mezzo elettronico.
E’ un’infinita serie di suoni armonici e non armonici, forme d’onda di varia natura, rumore bianco e rosa, gong, effetti di tutti i generi, il tutto manipolato attraverso filtri, modulatori, amplificatori, attraverso vari sistemi di controllo automatico e manuale come le tastiere, i “ribbon control”, i “tape delay”, etc etc.
L’anno successivo la Limelight Records, un’etichetta interessata alla contaminazione tra rock ed elettronica, la stessa che aveva già pubblicato l’album sperimentale dei Fifty Foot HoseCauldron”, pubblicò il primo LP propriamente musicale del duo statunitense. Ragnarok Electronic Funk venne dato alle stampe nel 1969; in questo i due alternano brani interamente elettronici con canzoni leggere eseguite con strumenti classici, esperimenti vicini a Stockhausen con marcette da sagra paesana, “improvvisazioni cageane” con nenie sudiste, foxtrot futurista con assoli spaziali di musica elettronica, rumore fine a se stesso al limite della “industrial” con divagazioni a volte melodiche, a volte totalmente scoordinate. Il disco è paragonabile in tutto e per tutto ai due lavori di Joseph Byrd del periodo (U.S.A. e American Metaphisical Circus) anche se Beaver & Krause confezionarono oggettivamente un prodotto ben più interessante, purtroppo per loro per una più piccola etichetta discografica.


Si fecero comunque notare dalla Warner Bros Records Inc. che li scritturò per la realizzazione di una serie di album di pop-elettronico, ma non solo; anche George (Beatles) Harrison volle farsi aiutare da Bernard Krause per la registrazione del suo album elettronico del ’69 (Electronic Sound).
Il primo dei tre lavori usciti per la Warner fu In A Wild Sanctuary (1970), un lavoro per elettronica ed esemble “convenzionale” di organo e piano elettrico, chitarre, flauto e percussioni esotiche.
Il titolo ispirato da certa vecchia letteratura naturalista americana richiama i contenuti; trattasi perlopiù di world music ad effetto con parecchi strascichi classicheggianti rubacchiati qua e la da J.S.Bach; c’è del blues vero e proprio annaffiato con una serie di suoni concreti naturali registrati da Krause in visita ad uno dei più grandi parchi naturali della Baia di San Francisco. Se si ascoltasse solamente il primo brano si potrebbe a tratti dirsi un album di rock progressivo; il resto è un continuo cambio di umori, tra dedali astrali, leggiadri blip e plip su tappeti minimali, richiami a certi temi classici provenienti dai compositori americani del diciottesimo secolo ed inni solenni alle aquile e a tutti gli animali selvatici che popolano le vaste lande di un’America per buona parte ancora conservata allo stato brado. 


Gandharva (1971), il secondo LP uscito per la Warner è sicuramente il lavoro più magniloquente e intellettuale, anche se il suono del duo perde molto del fascino dei precedenti progetti meno organizzati ma più freschi e genuini. Questa volta l’ensemble d’accompagnamento è composto da una nutrita schiera di cantanti gospel e strumentisti jazz, rock e classici che eseguono le partiture di Beaver & Krause impegnati questi a gestire effetti ed elettronica miscelata al tutto. Interessanti le parti canore femminili registrate in una miniera 150 piedi sotto il livello del mare con un effetto di decay naturale di sette secondi, oppure l’organo a canne della “Grace Cathedral” di San Francisco ripreso attraverso speciali microfoni, per un effetto quadrifonico, dall’alto dell’abside. La seconda parte del disco, oltre agli interventi del già citato organo a canne, si ramifica attraverso un labirinto di “free-jazz”, poco “free” nel senso stretto del termine e molto cosmico per l’abbinamento costante con gli effetti elettronici.


Chiude il contratto con la Warner l’ultimo album del duo in simbiosi, All Good Men (1972), disco splendido, preciso, divertente, colto e disinibito, poco valutato e scarsamente recensito; un maturo progetto gestito assieme alla cantante Andrienne Anderson e al produttore Jimmie Haskell inspirato a due facce della stessa medaglia: la vita guardata con gli occhi dei nativi americani, gli indiani, e la stessa dipinta come storia gloriosa che va dai vecchi conquistatori ai “moderni” padri della patria. L’elettronica di Beaver & Krause diventa ragtime con la bellissima cover “A Real Slow Drag” di Scott Joplin, rock progressivo, musica classica rielaborata al Moog synthesizer, canzone leggera, world music, new age music, reggae, blues, jazz, in un susseguirsi infinito di stili musicali che culminano con una metafisica versione finale dell’iniziale ragtime.


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