martedì 25 settembre 2012

Area - Gioia e Rivoluzione



AREA
GIOIA E RIVOLUZIONE
Artis Records CRSCD 056
1996


Sembra che Gianni Sassi avesse realizzato personalmente la bellissima copertina di questa retrospettiva antologica dedicata agli Area, l’importante “prog rock band” italiana che aveva contribuito a lanciare nel 1973.
La Cramps Records milanese chiuse i battenti prima di poter dare alle stampe la compilation “Gioia e Rivoluzione”, i cui brani risultavano già pronti e rimasterizzati in digitale dai nastri originali; ci pensò la Artis Records a soddisfare quel desiderio di Sassi, ormai scomparso, nel 1996.
Un estratto dal volume “Demetrio Stratos” di Mario Giusti - Gianni Sassi così si espresse: “Gli Area furono certamente una delle massime espressioni dei tempi in cui il gruppo operò. E’ facile notare come i motivi ispiratori delle loro opere abbiano le radici nel vasto Movimento giovanile che in quegli anni si sviluppò – come risposta alle esigenze della società – modelli alternativi di cultura. Ma gli Area si figuravano sempre come una esperienza a sé, per la profondità e la originalità delle loro composizioni e delle performance dal vivo. Anche la ricerca effettuata da Stratos come solista fu presentata dallo stesso autore come un’opera di rinnovamento non solo musicale ed i suoi interessi si spostarono sempre più verso l’etnomusicologia e la psicologia. Il suo è stato descritto come un sofisticato progetto di liberazione della voce cantata dagli stessi ideologismi della cultura e della politica”.
Nella raccolta sono presenti i classici della band, caso forse unico che le canzoni e le opere più belle non siano comunque mai banali (per non dire “commerciali”) e inflazionate, anzi, degli Area poco realmente si potrebbe scartare se non i contenuti dei due dischi pubblicati per l’etichetta “Ascolto” alla fine degli anni ’70.
Troviamo quindi il classico dei classici: “Luglio, agosto, settembre (nero)” dal loro primo album Arbeit Macht Frei (Il lavoro rende liberi); dallo stesso sono state tratte la stessa “Arbeit Macht Frei” e “L’abbattimento dello Zeppelin”.
Cometa Rossa” e “Lobotomia” derivanao da Caution Radiation Area del 1974; “L’elefante bianco”, “La mela di Odessa” e “Gioia e Rivoluzione” dal terzo LP (Crac !) del 1975; “L’Internazionale” è prelevata dal bellissimo live Are(A)zione eseguito e pubblicato sempre nel 1975; “Evaporazione” e “Il Massacro di Brandeburgo numero tre in sol maggiore” provengono invece dal disco del 1976 (Maledetti).
Il brano in chiusura è tratto da un 45 giri del 1974 intitolato “L’Internazionale”; trattasi dello sperimentalissimo “Citazione da Gorge L.Jackson”, praticamente l’unico pezzo degli Area in 7” non presente all’epoca in nessun disco 33 giri.
Cominciando da questa interessante raccolta gli Area, e contemporaneamente i lavori solisti di Demetrio Stratos, meritano una riscoperta e un’analisi che non si freni d’innanzi alla solita connotazione di “classico e prestigioso gruppo rock del panorama progressive italiano”.





Second Hand - Death May Be Your Santa Claus



SECOND HAND
DEATH MAY BE YOUR SANTA CLAUS
Mushroom Records LP code: MR6
1971


I londinesi SECOND HAND, un nome che sottolinea il loro particolare stile di vita (gli strumenti erano tutti di seconda mano), furono artefici di tre album: un disco di psichedelica piuttosto pesante (REALITY) del 1968, un secondo lavoro uscito però a nome CHILLUM nel 1971 che contiene delle jam session e prove di studio, e questo capolavoro (DEATH MAY BE YOUR SANTA CLAUS) uscito qualche mese prima, nello stesso anno.
Quest’ultimo è anche uno dei capitoli maggiormente interessanti del progressive rock inglese, un vero pezzo da collezione. Principali responsabili del suono dei SECOND HAND erano gli inseparabili Ken Elliott, creativo tastierista con una spiccata propensione per gli esperimenti elettronici, e Kieran O’Connor, batterista e pluri-strumentista sfortunatamente scomparso in giovane età. Completavano la formazione il cantante Rob Elliott, fratello di Ken, e il bassista Gorge Hart che per l’occasione si destreggiava anche ai violini.
La musica contenuta in questo album è una delle più originali del periodo senza tuttavia allontanarsi troppo da alcuni dettami propri del genere progressive. Quasi tutti i brani contenuti nel disco sono legati tra loro a mo’ di suite; si passa quindi da una pomposa e sinfonica “FUNERAL”, con innesti pop, ad una simpatica rivisitazione rock/blues dell’atmosfera sonora natalizia (il brano omonimo). Ammaliante e cadenzata la sinfonia continua con una canzone elaborata (HANGIN’ON AN EYELID) che apre la strada alla lunga e ramificata LUCIFER AND THE EGG, un brano che ricorda vagamente il “Crazy World” di “Arthur Brown” ma con qualche arrangiamento classicheggiante in aggiunta.
La seconda parte dell’album, molto più complessa, viene schiusa da una ecclesiastica melodia all’organo elettrico (CYCLOPS) che come nella migliore tradizione del periodo si fonde perfettamente con basso, batteria ed effetti sonori. Altri tre brani dai contenuti molto sperimentali riempiono, assieme ad un ritorno del brano omonimo, il secondo lato del vinile originale.
Si potranno ascoltare voci alterate da distorsioni elettroniche e deflagrazioni improvvise in SIC TRANSIT GLORIA MUNDI, sibili sintetici su armonie estremamente lugubri in REVELATION CH.16VS.9-21, sequenze cibernetiche sovrastate da improvvisazioni ai sintetizzatori in TAKE TO THE SKIES, e per finire un arrangiamento diverso della già citata DEATH MAY BE YOUR SANTA CLAUS.
Nel complesso, un vero miscuglio multiforme ma di portentoso ed originale gusto creativo. Elliott ed O’Connor furono insieme anche nel 1974/1975 nel progetto denominato “Seventh Wave”, un duo con due album all’attivo (uno solo di rock progressivo): “Things To Come” che riprende molti aspetti musicali di “Death May Be Your Santa Claus” ma li rielabora in maniera più sinfonica con ampi spazi concessi alle tastiere del primo e agli strumenti acustici del secondo. In seguito O’Connor muore ed Elliott inizierà una lunga carriera come compositore e musicista per la televisione.





Limbus 3 - New Atlantis



LIMBUS 3
NEW-ATLANTIS COSMIC MUSIC EXPERIENCE
Digisleeve CD
1969

FRONT COVER


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BACK COVER

CD LABEL
 

 

lunedì 24 settembre 2012

John Cage - Cheap Imitation



CHEAP IMITATION
Center for Contemporary Music, Mills College, 7 mar. 1976
D.Behrman (Producer); “Blue” Gene Tiranny (sound engineer)
Cheap Imitation I, II e III (versione per pianoforte)
John Cage (esecutore)
1977 – Cramps Records LP code: CRSLP-6117
1989 – Cramps/Artis CD code: CRSCD 117


John Cage scrisse l’Opera Cheap Imitation (povera imitazione) tra il 1969 ed il 1972 poiché le versioni furono tante, addirittura tre per orchestra.
Visto poi che il direttore non era necessario, anzi risultava come intruso, venne riscritta per orchestra senza direttore.
Esistono versioni per 24, 59, 95 esecutori; nel caso dell’album in questione è però eseguita per pianoforte unico, suonato dallo stesso Cage; la registrazione uscì nella serie Nova Musicha n.17 della Cramps Records italiana.
Tutto ebbe inizio alla fine degli anni ’40 quando Merce Cunningham realizzò una coreografia per balletto basandosi sul Primo Movimento del Socrate di Satie; l’arrangiamento venne affidato a John Cage per pianoforte classico, ad un certo punto mentre la compagnia girava il “paese” con lo spettacolo, John assoldò un secondo pianista e ri-arrangiò il Primo Movimento.
Nel frattempo, mano a mano che la compagnia di ballo completava la corografia con i restanti due Movimenti, John Cage (da sempre interessato ai lavori di Satie) concluse l’arrangiamento completo del Socrate. Siccome però lo stesso Cage si trovava impegnato in altri lavori dovette farsi aiutare per l’arrangiamento totale delle tre parti.
L’arrangiamento finale è quindi opera di Cage e di Arthur Maddox, uno studioso dell’Università dell’Illinois. A lavoro compiuto venne inviata una richiesta da parte dei due ai detentori dei diritti musicali (proprietari legali) del Socrate che però rifiutarono di concedere i diritti per l’arrangiamento del pezzo di Cage e Maddox.
Tuttavia in quegli anni venne ugualmente eseguita la versione per due pianoforti durante un concerto a Davis in California, essendo l’ingresso gratuito non venne infranto il Copyright (non concesso); l’esecuzione fu molto apprezzata dal pubblico e dalla critica, tuttavia i detentori dei diritti musicali di Satie rifiutarono nuovamente la concessione del Copyright.
Mancava soltanto un mese alla prima rappresentazione dell’opera coreografica di Cunningham ed il pezzo non poteva essere eseguito; a questo punto in un mese Cage lavorò ad una imitazione del Socrate stravolgendolo completamente (ma non del tutto per alcuni versi, puramente tecnici di composizione, geniale per certi versi).
Il brano originale è cromaticamente modale, le successioni possiedono spesso in termini modali la relazione di “seconda minore”; Cage procedette utilizzando l’I-Ching (il libro delle mutazioni) richiedendo secondo le regole del caso, attraverso questo mezzo: “” quale dei sette modi, se assumiamo come modi le sette scale che partono dai tasti bianchi e che solo su questi procedono devo usare? “”
E poi ancora: “” quali delle dodici possibili trasposizioni cromatiche devo usare? “”
… e … “” per la frase sulla quale viene ad applicarsi questa trasposizione del modo, quale nota devo usare tra le sette possibili per imitare quella che ha scritto Satie? “”
Alla nota successiva dell’originale, sempre attraverso il caso anche Cage ripeteva una nota mantenendo il ritmo.
Il risultato non è certamente l’arrangiamento per due pianoforti del Socrate ma per il balletto Second Hand di Cunningham calcava a pennello; Cage decise di chiamare il pezzo “inspirato” al Socrate, “Cheap Imitation” (imitazione povera, a buon mercato).
Nel 1969 si avviò il lavoro di riscrittura per il deposito legale di Cheap Imitation, per l’occasione Cage scrisse anche le versioni per orchestra, spesso rifiutate dagli stessi esecutori poiché ritenute troppo difficili in quanto l’attenzione deve essere mantenuta costantemente come se si trattasse di un pezzo difficilissimo.
Cheap Imitation, l’insieme delle note casuale sorte partendo dal Socrate e che il caso volle comporre per mano di Cage, potrebbero sembrare di facile esecuzione, in realtà è un pezzo molto difficile da suonare, richiede una mente estremamente concentrata su ciò che in musica al piano non è convenzionale, analoga cosa la si potrebbe dire anche per il Socrate di Satie.





Donella Del Monaco - Schönberg Kabarett



DONELLA DEL MONACO
SCHÖNBERG KABARETT
Artis Records ARCD 012
1989


Nel 1978 la Cramps Records di Gianni Sassi pubblicò il secondo album solista della soprano Donella Del Monaco, intitolato Schönberg Kabarett (LP code: 5207 305); questo Compact Disc è la ristampa del medesimo vinile, anche se per motivi, probabilmente legali di copyright, è stato aggiunto un “2” al titolo.
L’opera è per sola voce (Donella Del Monaco) e per pianoforte (Massimiliano Damerini); composta da sette brani arrangiati di Arnold Schönberg quando nel 1901 in partenza da Vienna per Berlino portò con sé una serie di spartiti inspirati alla “deutsche chansons” di almeno otto compositori viennesi dell’epoca. Per il resto si tratta di otto canzoni satiriche del “chanson grises” scritte da Reynaldo Hahn nel 1892 per i testi del poeta Paul Verlaine.
Tra i brani del “Schönberg Kabarett” troviamo “Galatea”, “Gigerlette”, “L’Innamorato Modesto”, “Canzone Ingenua”, “Il Buffone”, “A ciascuno il suo” e “Da quando ho visto tante donne”. Alla raccolta manca l’ottavo brano che Schönberg arrangiò per la raccolta completa che troviamo invece nella recente ristampa a cura della stessa Donella Del Monaco e dell’Opus Avantra Studium.
Il disco apre un piccolo spaccato storico nella canzone grottesca a tinte amorose e satiriche della Francia e della Germania della fine del diciannovesimo secolo.





Donella Del Monaco - Canzoni Veneziane "Venetian Ballads"



DONELLA DEL MONACO
CANZONI VENEZIANE  “Venetian Ballads”
Artis Records ARCD 054
1993


Donella Del Monaco, soprano lirico di grande talento, fece parte in veste di cantante all’interno dell’ensemble degli Opus Avantra, gruppo italiano di rock progressivo sperimentale. Figlia del Maestro Marcello Del Monaco e nipote dello storico tenore Mario Del Monaco si interessò sin da giovane al canto lirico e contemporaneamente alla “sperimentazione vocale”.
Dissidente degli Opus Avantra volle intraprendere la carriera solista; nel 1977 registrò per una piccola casa discografica chiamata “Italia”, l’album “Dodici Canzoni Da Battello” (LP code: ITL 70030); nel caso specifico questo “Canzoni Veneziane” non è altro che la riedizione in Compact Disc del medesimo album con l’aggiunta di un brano non presente nell’edizione originale.
Presso la Biblioteca Marciana di Venezia la stessa cantante recuperò gli originali testi con le partiture all’interno dei quaderni “Canzoni Da Battello” scritti da compositori popolari del 1700 (attualmente gli stessi manoscritti si trovano presso la biblioteca musicale del conservatorio Benedetto Marcello).
Dall’ora (1977) la Del Monaco esegue regolarmente dal vivo le Canzoni Da Battello durante prestigiosi festival canori, Metz in Francia, Dubrovnik a Zara, Villa Imperiale a Genova, alla Biennale e alla Fenice di Venezia, negli Stati Uniti, in Germania e in vari teatri della penisola italiana. A tal proposito ben quattro brani su tredici sono incisi dal vivo, uno di questi è tratto dal “Casanova” di Federico Fellini (quello non presente in Dodici Canzoni Da Battello).
Da non scordare che la “raccolta” originale delle “Canzoni Da Battello” venne decantata da Mozart all’interno dei suoi scritti portando le ballate alla ribalta del grande pubblico mondiale come delle piccole perle di musica popolare della Serenissima Repubblica Veneziana. Testi perlopiù grotteschi che trattano d’amorose e drammaturgiche vicende scritte per la maggiore in dialetto veneto. Una delle prime cantanti di un certo prestigio che nel ‘700, approfittando degli onori alla ribalta delle canzoni popolari veneziane, prestarono la loro voce all’esecuzione di queste ed altre opere similari fu Faustina Bordoni, meglio conosciuta come la moglie di Adolph Hasse.
Per quanto concerne la musica, le composizioni sono tutte trascritte e ri-arrangiate per essere eseguite da un piccolo ensemble da camera composto da fiati, archi, clavicembalo, chitarra barocca, pianoforte, percussioni e con il prezioso supporto del Coro della Serenissima diretto dal Maestro Giancarlo Cartago.
Nel 2000 la Del Monaco ha formato un nuovo gruppo musicale e canoro denominato Opus Avantra Ensemble (dove trova posto anche il teorico originale Giorgio Bisotto degli originali Opus Avantra) e ha ripreso a re-incidere canzoni nella stessa lunghezza d’onda di quelle presenti all’interno di questo album, partendo dal folclore veneziano sono da segnalare i CD Venetia & Anima, con la direzione di Paolo Troncon, (Opus Avantra Studium-Publigas) e Canzoni da Battello del Settecento veneziano  (Opus Avantra Studium-Publigas-Regione Veneto).









Julian's Treatment - Julian Jay Savarin - A Time Before This



JULIAN’S TREATMENT
A TIME BEFORE THIS
Young Blood
1970

 
Una storia fantastica divisa in dodici capitoli musicali e un viaggio fra galassie e mondi misteriosi, questo è quanto vi aspetta nel bellissimo album dei Julian's Treatment pubblicato dalla Young Blood nel 1970, uno dei primi componimenti rock incentrati su vicende fantascientifiche che nel caso specifico scaturivano dalla poliedrica penna di Julian Jay Savarin, un nero di Santo Domingo arrivato a Londra nel 1962.
Il personaggio è tra i più singolari dell'epoca, non tanto per le doti di tastierista, non era infatti un virtuoso, ma per la sua vena medianica e spirituale con la quale infarciva racconti e novelle fantasy che col tempo acquisirono anche un certo peso letterario. La sua musica è altrettanto interessante, distante dagli eccessi di certo prog rock in voga all'epoca, è racchiusa in un paio d'album usciti a poca distanza uno dall'altro.
Questo "A Time Before This" è un doppio vinile che all'epoca scivolò quasi inosservato mentre oggi cattura facilmente l'attenzione degli amanti dello “space rock”, si tratta infatti di una trasposizione concettuale di alcuni poemi sci-fi dello stesso Savarin; anche musicalmente l'ambiziosa opera è interamente composta dal tastierista con l'accompagnamento del chitarrista Del Watkins, del bassista John Dover, del batterista Jack Drummond e dalla cantante australiana Cathy Pruden, voce eterea e da regolarsi possentemente a piacere. I due vinili denominati "First" e "Second Prophecy" contengono una serie di brani che si alternano tra narrazioni strumentali e canti con qualche strascico psichedelico in "Black Tower", con ottimi duetti tra flauto e tastiere, in "Alda, Dark Lady of the Outer Worlds", con molto contrappunto e qualche tempo dispari, in "Fourth from the Sun" sul classico stile sixties ma con testo perentoriamente allucinato.
Veloci fraseggi d'organo fanno invece da cornice a canzoni melodiose come "Phantom City", con effetti elettronici ricreati con il solo ausilio dell'organo; molto Lesley per simulare ambienti cosmici e planaggi ad alta velocità. Fra canzoni ambientate in misteriose lande popolate d'esseri fantastici ("Planet of Centauri"), complessi intrugli di tastiere sfreccianti ("The Terran"), spagnoleggianti arrangiamenti di “hard prog” ("Strange Things"), i suoni rimangono quasi sempre trasognanti, persino nell'esotica serenata balinese di "Altarra, Princess of the Blue Woman" mentre fantasie maggiormente sperimentali si riscontrano nel lungo capitolo finale che chiude con psicologiche interferenze meta-spazio-fisiche.
Dopo un secondo sfortunato disco pubblicato a suo nome, Julian si dedicò totalmente alle novelle fantascientifiche e a qualche raro thriller divenendo un apprezzato scrittore richiesto molto spesso anche per soggetti televisivi; in Inghilterra i suoi libri sono più apprezzati dei suoi dischi.